curiosità stroriche padovane  1°

ZEDAPA UNA STORIA PADOVANA

Premessa

Cap. I – le origini

Cap. II – Dal 1900 al 1940

Cap. III – Anni di guerra

Cap. IV – Dal 1950 al 1963

Cap. V – Nel 1963 arrivo io

Cap. VI – Il declino

Cap. VII – La fine

Premessa

Ho lavorato in Zedapa per 16 anni, dall’inizio 1963 alla fine del 1978. Poiché sono una persona curiosa, ho voluto mettere assieme la mia esperienza in azienda e alcune ricerche fatte nel web. Mi sono aiutato con alcuni testi. Uno è «il caso Zedapa analisi di una transizione (quaderni di «fabbrica Società e stato» Gallinaro 1978)», -Un altro l’ho ricavato dalle memorie mie. -Un terzo da quelle di Toni Schiavon «Mi Sono Sbottonato … Il Caso Zedapa: ristrutturazione e crisi di un’azienda metalmeccanica». Ho voluto quindi mettere assieme brani di storia e memorie di chi con me ha condiviso questa esperienza lavorativa.

Mi scuso fin d’ora per eventuali omissioni o imprecisioni dovute al tempo che passa impietoso. Impressioni ed eventuali considerazioni sono del tutto personali.

Le foto sono tratte dal web (in particolare dal gruppo Facebook «La Vecchia Padova») e da cataloghi d’epoca in mio possesso. Mi ha aiutato per le ricerche archivistiche sui giornali d’epoca Fabio Fusar.

I - LE ORIGINI

Negli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento l’economia padovana conosce un discreto incremento, che porta alla nascita di nuove industrie, per la maggior parte collocate nella fascia di terreni tra il Piovego e la ferrovia e non più, come in precedenza, all’interno dell’abitato storico.

I nuovi imprenditori si sono ormai ben resi conto dei vantaggi ottenibili nel collocarsi in una zona libera da costruzioni che condizionino le strutture produttive, che dispone di un’adeguata viabilità e che, soprattutto, è comoda alla ferrovia, il più moderno mezzo di trasporto allora disponibile. Ecco quindi nascere stabilimenti e depositi lungo viale Codalunga, via Gazometro (poi via Trieste), via del Panificio (il primo tronco dal torrione della Gatta, fino all’incrocio con via Gozzi, di quella che sarà via Tommaseo) e via Gaspare Gozzi. Tra i nuovi insediamenti che sorgono in questo periodo una particolare attenzione va posta alla Zedapa.

Nelle immagini le ciminiere che sorgono nella zona tra Viale Codaunga e la stazione ferroviaria.

All’epoca della fondazione dell’azienda quella era ancora un’area vuota come si può veder da questa pianta di Padova del 1895.

Si rivelava così agli occhi dei fondatori una zona molto appetibile per la logistica dell’azienda che doveva nascere.

I FONDATORI

Fondata nel 1896 dai soci Enrico Zuckerman e Arturo Diena in nome di Zuckerman Enrico fu Michele e di Diena Arturo fu Angelo.

Fondatore e Presidente era Arturo Diena (1866- 1951) cavaliere del lavoro e socio di varie attività sportive e filantropiche, inoltre Istituì una cassa mutua interna e realizzò infrastrutture quali dopolavoro e mense aziendali, campeggi estivi.

Partecipa alla Prima guerra mondiale in qualità di Tenente del X Reggimento di Artiglieria da Fortezza e ottiene una Croce di guerra al Valor militare. Fu anche presidente e fondatore della Canottieri Padova.

Fondatore e vicepresidente Enrico Zuckermann (1866 – 1923), di discendenza austriaca, contitolare della Zedapa (allora era soc. anonima Zuckerman e Diena) azienda di minuterie metalliche era anche lui un progressista. Condivise complertamente l’impostazione del socio. All’approssimarsi della prima guerra mondiale cambia il nome (austricheggiante) in Zuccari.

Entrambi i fondatori erano attivi in precedenza nell’intermediazione minuta e all’ingrosso di mercerie , intraprendono, nella miglior consuetudine della prima industrializzazione, nella quale i mercanti “si facevano” imprenditori, un’attività manifatturiera nel settore di loro competenza con l’andar del tempo, l’impresa assume un dinamismo sempre maggiore, raggiungendo nel 1911 la cifra di 437 addetti.

Tutti, dai fondatori ai loro successori nella conduzione della Zedapa, erano di fede ebraica, anche se non praticanti, comunque molto rispettosi della fede cattolica dei loro dipendenti.

LE FAMIGLIE

Diamo qui uno schema genealogico delle due famiglie

La rete parentale degli Zuccari si estendeva dai Matarazzo, senatore del regno d’Italia e grande industriale Brasiliano attraverso il matrimonio della sorella di Alfredo Zuccari, Dora con Pier Paolo Matarazzo a quella dei conti Pietromarchi con il matrimonio dell’altra sorella Emma, con Luca Pietromarchi, esponente della nobiltà vaticana

e importantissimo ambasciatore del Regno d’Italia. Questo porta a importanti relazioni nel campo industriale internazionale.

In seguito l’apparentamento con la famiglia dei Romanin Jacur, che erano grandi azionisti delle Assicurazioni Generali e proprietari terrieri attraverso il matrimonio della figlia di Alfredo Bianca con Emanuele Romanin Jacur, entra in azienda la componente finanziaria

Questi rapporti furono il viatico per l’introduzione della Zedapa in ambienti primari del potere economico e politico.

I rapporti industriali nati con Pedro Paulo Matarazzo che sposa Dora Celestina Zuccari (prematuramente deceduta). Paolo, nato 11 Luglio 1901,era figlio del senatore Andrea Matarazzo salernitano fondatore della "Fabbrica nazionale di cartucce e munizioni del Brasile" e fondatore dell'industria metallurgica "Matarazzo" (San Paolo del Brasile). Fu senatore del Regno d’Italia e governatore dell'Ospedale "Lina Ravaschieri" di Napoli (1926-1933).

I rapporti politici nati con il conte Luca Pietromarchi chel 1931 sposò la padovana Emma Micaela Zuccari

Luca Pietromarchi acque a Roma l’8 marzo 1895 da Bartolomeo dei conti Pietromarchi, famiglia vicina alla Curia romana. Fece parte della diplomazia italiana, ininterrottamente, dal 1923 al 1943, servendo principalmente presso la sede centrale del Ministero degli Esteri, dove assunse incarichi di crescente responsabilità. Nel 1950, fu nominato

ambasciatore in Turchia, sede che mantenne fino al 1958. In quell'anno divenne ambasciatore italiano a Mosca ove rimase per tre anni, fino al 5 maggio 1961.

Come già detto questi rapporti, a mio avviso, furono un fattore importante nello sviluppo della Zedapa.

PALAZZI DI FAMIGLIA

Palazzo Zuckerman, costruito tra il 1912 e il 1914 dall'architetto milanese Arosio, in stile ancora ottocentesco, su incarico dell'industriale Enrico Zuckerman, nell’appena aperto Corso del Popolo. Fu una esternazione della ricchezza della famiglia (ora Museo Bottacin come da foto)

PALAZZO FORZADURA – DIENA, I Diena abitano invece in un palazzo storico del XVII secolo (?) (mancano fonti precise). Se questa fosse stata veramente la sua abitazione sarebbe emblematica del rango della famiglia nella società dell’epoca. Il palazzo (foto), all’interno della prima cinta muraria cittadina, è situato nelle vicinanze di Porta Molino.

LA FABBRICA

Come già detto, fu costruita in un luogo strategico, vicino alla stazione ferroviaria da cui potevano facilmente partire le merci prodotte, in una zona contigua all’allora zona industriale che si estendeva ad est di Viale Codalunga fino in prossimità del non ancora aperto Corso del Popolo. In quel periodo Padova aveva poco più di 70.000 abitanti e la stazione ferroviaria era ancora quella “Ferdinandea” del 1842 (vedi foto) sostituita in seguito da quella del 1917

La stazione

II - DAL 1900 AL 1940

Nel 1906 la fabbrica ha ancora una dimensione ridotta ma compare in una pianta di Padova vicina alle officine del gas (in nero)

Prodotti

Inizialmente la Zedapa produceva occhielli, fibbie per scarpe, rivetti, ganci, bottoni per scarpe. Si specializza negli anni in minuterie metalliche di precisione.

Si sviluppa grazie a macchine per la produzione in serie (in buona parte progettate dal sign. Costante Fabris) e macchine applicatrici costruite all’interno della fabbrica stessa.

Come già detto nel 1911 gli addetti erano circa 400 e si mantennero così fino al 1940.

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Le prime immagini della fabbrica mostrano un fabbrica non grandissimo, in via Tommaseo, angolo via GozziNella foto un’immagine dei primi ‘900 (le rotaie erano della tramvia Padova – Fusina)

All’interno un vasto cortile, i capannoni, e le ciminiere dell’impianto per la produzione del vapore.

Alcune foto del 1903

Il cortile

Le caldaie del vapore, forza motrice dell’epoca

Operai al lavoro in sala presse.

Quì la forza motrice era trasmessa dalla macchina a vapore attraverso assi, pulegge e cinghie

Altra visione della sala presse

Un reparto dell’offici anni venti

un’immagine dell’infermeria, sarà sempre presente in azienda con una infermiera fissa e un medico che visitava periodicamente tutti i dipendenti

1927 operaie al lavoro di confezionatura del prodotto

Nasce negli anni '30 il grande edificio lungo via Gozzi che nel secondo dopoguerra caratterizzerà la società.

In primo piano la palazzina degli uffici

Inaugurazione

Anni quaranta,

la fabbrica è militarizzata, tutte le impiegate in terrazza (probabilmente per la ginnastica obbligatoria).

Si nota sullo sfondo il serbatoio dell’officina del gas confinante con l’azienda

III – ANNI DI GUERRA

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la fabbrica, situata in via Gozzi, non lontano dalla stazione ferroviaria fu oggetto di ben nove bombardamenti tra il dicembre 1943 e il dicembre 1945 che la ridussero a un cumulo di macerie. Si salvarono poche macchine portate negli scantinati dove funzionarono con pochi addetti. In quel periodo si pensò anche di portare le macchine in Brasile dai Matarazzo, ma per fortuna la guerra finì.

Nell’immagine la fabbrica distrutta

I bombardamenti distrussero molti quartiri della città, compresa la vicina stazione ferroviaria

Fu questo un periodo molto travagliato, mi raccontava un vecchio collega che le macchine da portare in Brasile erano già imballate, si aspettava solo di trovare il modo di come trasferirle. Qesta persona mi raccontava anche che più di una volta, in bicicletta è dovuto andare a Milano per consegnare dei plichi di cui non sapeva il contenuto, e, forse, se lo avesse saputo sarebbe anche venuto a conoscenza dei rischi che avrebbe corso.

Nell’estate del 1945 riprese l’attività nella fabbrica ricostruita con un centinaio di addetti e l’8 agosto dello stesso anno fu nominato amministratore unico Giorgio Diena.

Nel 1949 viene aumentato il capitale sociale a 96.000.000 che per l’epoca era notevole. Gli azionisti erano Arturo Diena, Alfredo Zuccari, Giorgio Diena e Paolo Matarazzo

Gli ordini andavano crescendo e si lavorava dieci ore il giorno compresi sabato e domenica. Molto spesso anche con turni notturni.

Si utilizza un prestito di 460.000.000 di aiuti E.R.P. (piano Marshall) con cui arrivano nuove macchine americane. Il prestito verrà estinto completamente nel 1960.

Attraverso l’ERP, i Paesi dell’Europa occidentale ebbero a disposizione fondi con i quali poter acquistare materie prime e combustibili, ma anche macchinari e prodotti industriali.

Ricordo che negli anni’60 si vedevano in giro per la fabbrica macchine in disuso ma ancora con la targhetta degli aiuti ERP

Si ricostruisce la fabbrica dov’era e com’era

SEMBRA UN PRESAGIO:

Sull’androne di ingresso del nuovo edificio campeggiava ancora la scritta sallustiana:

«concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur»

(nell'armonia anche le piccole cose crescono, nel contrasto anche le più grandi svaniscono)

Siamo ancora nel periodo delle parve res crescunt

IV – ANNI DAL 1950 al 1963

concordia parvae res crescunt

La ricostruzione dopo il conflitto vede come artefice principale il sig. Giorgio Diena (1897-1960)

Figlio di Arturo,antifascista, collaboratore nella resistenza di Concetto Marchesi e Ezio Franceschini (assieme alla sorella Wanda), fu deportato a Dachau nel marzo 1945 e, come già detto, in agosto diventa amministratore delegato.

Personaggio molto stimato ed amato da tutti i dipendenti

Partecipae alla resistenza (che sovvenziona) e viene arrestato, assiema a Romeo Locatelli “Omero” impiegato della Zedapa, il 20 novembre 1944 a Milano in via Marcora dove era giunto dalla Svizzera per un incontro con Franceschini. Furono prima torturati, poi deportati Locatelli a Mathausen (dove morirà di stenti) e Diena a Dachau da dove tornerà pelle ed ossa

(nela foto come lo trovarono dopo la liberazione alle porte di Padova)

Giorgio Diena, non sposato, appassionato sportivo, era stato anche un dirigente del Calcio Padova. Prima della guerra assunse in azienda molti calciatori del Padova, che a quel tempo non erano professionisti, Di questi ne ho conosciuti parecchi, alcuni operai, altri tecnici o impiegati.

dopo la guerra assunse molti operai di Terranegra raccomandati da dal compagno di sventura nella deportazione a Dachau don Giovanni Fortin.

Don Fortin nel 1953 sarà il fondatore del Tempio Nazionale dell'Internato Ignoto che è un sacrario e una chiesa del quartiere Terranegra dove, all'interno del complesso, è ospitato anche il Museo dell'Internamento dedicato a tutta la vicenda storica dell'internamento durante la guerra.

Diena diede un determinante contributo finanziario per la realizzazione di quest’opera. (nella foto il tempio di Terranegra)

Tempio nazionale dell'internato ignoto, facade (Padua).JPG

Fu questo del dopguerra, sotto la direzione di Arturo Diena, un periodo di granda sviluppo.

Grande importanza per Padova e la Zedapa fu la nascita dell’Istituto Tecnico Industriale G. Marconi, creato dal Ministero della Pubblica Istruzione a partire dal 1 ottobre 1942 (anche se il decreto di istituzione è stato emanato nel 1946), a seguito dell’accertata importanza industriale, commerciale e demografica della Provincia di Padova, capace di occupare proficuamente già in quei tempi molti periti Meccanici-Elettricisti e da cui pescò abbondantemente e profiquamente l’azienda.

Nuovi tecnici, nuove presse, come P.S.M., Bihler, Bliss. Macchine più moderne, veloci e potenti che affiancarono le vecchie presse rigenerate e modernizzate.

Nell’assemblaggio e per le applicatrici, apparecchi vibratori che ne aumentarono le potenzialità.

Di pari passo si svilupparono i rapporti commerciali con rappresentanti intraprendenti che procurarono nuovi clienti e nuovi prodotti.

Nel 1949 tra i clienti entra la FIAT che assorbiva quasi tre quarti della produzione (graffette per modanature).

Anima dell’azienda di questi anni, amatissimo dai dipendenti, nel 1960 viene a mancare Giorgio Diena in un incidente automobilistico dalla dinamica mai chiarita.

Diena non rientra da Venezia dove era andato al mattino. Famigliari e dipendenti sono in ansia.

La notizia del mancato ritorno a casa provocò una corsa alla ricerca da parte di un gran numero di dipendenti che, armati di torce, lo cercarono lungo tutta l’autostrada senza trovarlo. Fu solo al mattino che un cantoniere lo trovò a poche centinaia di metri dal casello di Padova.

La notizia rimbalza sui giornali….

Resto del Carlino del 9 febbraio 1960

La tragica scomparsa di Giorgio Diena sull’austrada Padova –Venezia a bordo della fiat 600 del cognato prof. Scimone (padre di Claudio)

Alcune immagini degli anni 1945 – 1960

Alcuni operai festeggiano…

La sala presse

La confezione

I PRODOTTI

Cap. V – Nel 1963 arrivo io

Vengo assunto il 15 febbraio 1963 su segnalazione dell’ITI Marconi

Nel mio curriculum ebbe notevole importanza il fatto di aver assolto al servizio militare come ufficiale di complemento nella Brigata Alpina Julia.

Comunque mi risulta che, oltre al fatto di aver fatto il militare come ufficiale e quindi con dettagliate indagini sulla mia persona e la mia famiglia da parte dell’esecito, indagarono anche nella mia parrocchia di origine.

Un altro punto a mio favore fu che il responsabile dell’ufficio paghe aveva a suo tempo giocato a calcio nel Padova con mio zio paterno.

Il mio incarico fu quasi subito quello di secondo al responsabile del Controllo di Qualità un reparto con circa 60 donne che avevano il compito di controllare il prodotto che usciva dalle presse della sala macchine

Dopo pochi mesi mi prospettano la necessità di fare i turni, in quanto la fabbrica lavorava su due turni di 8 ore. Accettai invogliato anche dal notevole aumento di stipendio e da molteplici benefici.

Fare il capoturno al rep. Controlli voleva dire lavorare dalle 6 – 14 o 14 -22 (spesso con straordinari aggiunti)

Il mio stipendio veniva notevolmente migliorato ogni sei mesi, c’era chi mi diceva che «lavorare alla Zedapa era meglio che lavorare in banca»

Fuori del normale orario giornaliero eri come l’ufficiale di picchetto di una caserma, dovevi controllare i reparti che facevano i turni, dalla

galvanica alla cucina fino alla portineria, motivo per cui conobbi moltissimi addetti e dagli anziani conobbi storie e aneddoti aziendali.

I PRODOTTI DI QUESTO PERIODO

 

Bottoni anche per jeans

chiusure per cartelle

Ganci

occhielli per tende

Bottoni a pressione

Fibbie, bottoni, rivetti, connessioni per elettrodomestici e auto che ho conservato

Culottes per tubi al neon

Una cascata di prodotti a catalogo

Prodotti per auto ed elettronica su disegno dei clienti

LA TECNOLOGIA

imbutitura

Il processo tecnologico più importante è quello dell’imbutitura: la trasformazione di un nastro metallico in un oggetto tubolare. Naturalmente riferito a oggetti di minuteria metallica, cioè di piccole dimensioni. Gli ‘attrezzi’ per antonomasia sono gli stampi che, montati in una macchina, la pressa, ne consente un uso automatico con lo scopo di realizzare grandi quantita` di prodotto con costi economici ridotti.

(Con questi prodotti nasce la Zedapa)

Schema del processo di imbutitura di un occhiello

stampaggio

È un processo analogo, per cui dal nastro, a mezzo di uno stampo montato su una pressa, in passaggi successivi, si ricavano oggetti di varie forme e dimensioni.

Tanto nell’imbutitura che nello stampaggio si usano i materiali più diversi (acciaio, ottone, zinco, bronzo, rame, bachelite) che si possono accoppiare direttamente sulla pressa o in passaggi successivi

MACCHINE APPLICATRICI

Queste macchine, costruite all’interno venivano date in prestito d’uso ai clienti che utilizzavano i prodotti Zedapa, servivano all’assemblaggio di connessioni elettriche ai cavetti, al montaggio di occhielli, ganci e rivetti sui supporti a grandi velocità con o senza operatori.

Costruite a centinaia venivano utilizzate da tutte le maggiori marche come Zanussi, Candy, Merloni, Zoppas, Borghi, Fumagalli e altre anche all’estero.

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

In sala presse, dove lavoravo, il lavoro era suddiviso per categorie di persone: meccanici, piu` o meno specializzati, per la manutenzione degli stampi durante la produzione e per la manutenzione o riparazione degli stessi; macchinisti per la messa in opera degli stampi nelle presse e loro funzionamento; controllo qualita` del prodotto, che dipendeva direttamente dal servizio di Controllo Qualita` (CQ) costituito da una sessantina di donne di nessuna qualificazione meccanica, che avevano il compito di controllare la corrispondenza del prodotto che usciva dalle macchine visivamente e con i calibri e gli strumenti che venivano loro forniti.

Il mio compito era quello di controllare e certificare attraverso specifici controlli con opportuni strumenti e disegni, la corrispondenza dei primi pezzi prodotti a quanto richiesto dal disegno e norme allegate. Questo veniva chiamato il “via” alla produzione con relative firme e archiviazione dei primi pezzi prodotti.

La parte produttiva

L’organizzazione della fabbrica, per la parte tecnica, era molto precisa. Al di là del direttore generale che allora era il sign. Emanuele Romanin Jacur (genero di A. Zuccari) . e del sign. Alfredo Zuccari che era l’amministratore e faceva qualche capatina in fabbrica con il suo bel grembiulone bianco, specialmente nel periodo natalizio in cui distribuiva ai suoi impiegati preferiti generosissime bustarelle.

La parte tecnica era affidata a due direttori, uno per la produzione Costantino Fabris e uno per la parte tecnica, suo fratello Arturo Fabris.

Per l’organizzazione generale la temutissima signorina Burlini (che pretendeva che come lei conoscessimo tutti gli 11.000 articoli a catalogo).

Ogni reparto della parte produttiva aveva il suo capo reparto. C’erano la programmazione, la produzione vera e propria, i controlli, la manutenzione stampi, il reparto collaudo stampi, lo smistamento prodotti, le seconde lavorazioni, le assemblatrici “354”, galvanica e tempera. I capi reparto erano molto considerati e di conseguenza ben retribuiti.

Rapporti in azienda

Tutti in divisa…

In Zedapa gli impiegati, sia tecnici che amministrativi, dovevano avere sotto i grembiule camicia e cravatta. Gli impiegati amministrativi con grembiule bianco, i direttori con grembiule grigio, i tecnici grembiule nero le fattorine, una specie di impiegate di secondo livello, un grembiule azzurro. Gli operai e operaie portavano tutti la tuta, le operaie anche una retina per capelli.

Personalmente ho avuto un benevolo richiamo dal direttore del personale perché, in un caldo giorno di luglio, uscendo dallo spogliatoio a fine turno, avevo la cravatta allentata e la giacca sulle spalle… «sign. Caburlotto, si ricordi che lei è un sig. impiegato» …… signorsì ho stretto il nodo della cravatta e indossata la giacca. Andava così.

I rapporti dell’azienda con i dipendenti erano improntati al rispetto e alla cortesia, momenti particolari erano quelli delle festività natalizie in cui venivano distribuiti buoni acquisto per carbone da riscaldamento, vestiario, giocattoli, alla presenza dei bambini e con lo staff dirigenziale a fare gli auguri nella sala mensa nell' ultima domenica prima di Natale. Era una mattinata per tutti festosa. Poi con la rivolta sindacale dove si diceva che in fondo erano soldi nostri è stato azzerato tutto.

Per quello che riguardava i rapporti tra dipendenti c’era una certa separazione tra le classi operaie e quelle impiegatizie che la dirigenza assecondava. Non erano ad esempio visti di buon occhio i matrimoni misti, al contrario quelli tra impiegati (come il mio) venivano premiati con importanti regali (una lavatrice che valeva circa uno stipendio). Le mense erano separate come pure il tipo di pasti servito. Non sempre la separazione era netta, ad esempio per quello che riguardava lo sport dove partecipavano tutti (dandosi però del tu in campo e del lei in azienda)

Nella miglior tradizione calcistica la Zedapa allestì una squadra per partecipare a tornei interaziendali, l’allenatore era uno degli operai ex calcio Padova assunti dal sign. Diena (quel giorno ero riserva, e quindi in tuta)

Il fatto di

giocare in squadra aveva molti lati positivi, venivano fornite le divise complete e si facevano allenamenti in orario di lavoro. La squadra era seguita direttamente dalla onnipresente signorina Burlini che non mancava mai di dare il suo incitamento durante le partite. A questo proposito durante un incontro in cui feci una strepitosa parata battendo una mano sulla spalla del suo vicino disse “varda che portiere che gavemo”. Il vicino era mio padre, non si conoscevano se non di nome, ma non di persona e avevano avuto una grossa discussione su una fornitura di carta carbone che la ditta di mio padre forniva. Mio padre rispose “el xe me fio” … e si rappacificarono.

Spesso tra colleghi impiegati avevamo anche momenti di svago. Molti mi sono rimasti amici

(Una partita tra impiegati tecnici e amministrativi)

Non sempre i rapporti tra impiegati e operai erano così rigidi.

Talvolta nel mio reparto si organizzarono gite fuori porta come dimostra questa foto del 1970 che mi ritrae con mia moglie, la moglie del caporeparto e ragazze del reparto controlli

In altre occasioni ci si organizzava per andare a sciare.

Credo che in questo campo di civile convivenza il reparto controlli fosse all’avanguardia.

Padova la capitale italiana delle minuterie metalliche stampate di precisione

L’azienda era molto attenta a che i segreti tecnologici non potessero essere portati all’esterno, da ex dipendenti della Zedapa, che al suo interno maturarono le loro esperienze attuando una politica economica di grande favore nei confronti dei dipendenti che avevano tali competenze.

Ciononostante, da ex dipendenti, nascono nuove realtà produttive, che divennero concorrenti:

Toba (1950) che si specializza in ganci per scarponi ora non più esistente.

Capica (1956), minuterie, ancora attiva,

Inarca (1964), minuterie, ancora attiva,

e altre minori.

E , se non ricordo male,

Muffato nel campo delle presse

Facendo, di fatto, Padova capitale italiana della minuteria metallica.

Alcune foto degli anni ‘70

 

La sala presse

Io al controllo qualità

L’ufficio tecnico

L’avanzatissimo reparto carboloy per elettroerosione del carboloy, un materiale durissimo usato nella costruzione stampi

Il reparto galvanica

Alcuni marchi e pubblicità registrati dalla Zedapa negli anni

1913

1921

1921

L’ultimo marchio

Pubblicità

Cap. VI – Il declino

“discordia maximae dilabuntur”

“nel contrasto anche le più grandi svaniscono”

Con la accresciuta sindacalizzazione, qualche contrasto sindacale, una crisi di mercato e la morte improvvisa dell’ing. Silvestri a cui Romanin intendeva passare il testimone di direttore generale, inizia la fase calante dell’azienda.

Negli anni ‘70 si trasferisce in parte (confezioni e galvanica) in zona industriale (Padova Camin).

Nel 1973 si parla di ristrutturazione e dell’abbandono dell’area di via Gozzi per una nuova edificazione con conseguenti scioperi e contatti con l’amministrazione comunale contestando la grande speculazione edilizia che si stava attuando.

Nell’agosto 1976, avviene il trasferimento dell’azienda a Caselle di Selvazzano in uno stabilimento di proprietà delle Assicurazioni Generali ( di cui Romanin Jacur era uno dei più grossi azionisti), e, al posto del vecchio stabilimento verrà fatto un nuovo Centro Direzionale.

Già nel ‘69 erano iniziate le contestazioni e gli scioperi. Si fecero nuovi contratti, con qualche miglioramento monetario, ma a poco a poco si perdono alcuni benefici come la ricca «Befana» a Natale e qualche beneficio economico particolare.

Durante gli scioperi l’ingresso in fabbrica veniva impedito, anche con la violenza, dai picchetti fatti da studenti e lavoratori di altre aziende poiché erano pochi i dipendenti che vi aderivano volontariamente. Spesso i molti che volevano entrare arrivavano alle quattro del mattino

per entrare talvolta in modo rocambolesco, magari arrivando alle quattro del mattino.

Ancora all’epoca i dipendenti erano molto fidelizzati all’azienda e pochissimi i sindacalizzati.

Le forze dell’ordine presenti non intervennero mai, anche perché, a parte qualche spintone e qualche calcio (io ne porto ancora il segno), non ci fu occasione.

Ricordo solo un episodio, quelli dei picchetti lasciavano entrare solo proprietà e dirigenti. Quando entrò il dr. Romanin con la sua Citoen DS lo fermarono e, prima di farlo passare gli scossero violentemente l’auto. Lui rimase impassibile disse solo con molta calma “questa la pagherete” (io ero presente e lo sentii)

Lo stabilimento di Camin di proprietà

E quello di Selvazzano delle Assicurazioni Generali

In questi anni cominciano a girare in azienda consulenti esterni, prima americani (Jaredon Inc per tempie metodi), poi nostrani ing Treichler che, nonostante i loro lauti ingaggi per modernizzare l’azienda, non ottengono risultati tali da creare innovazioni ma tagliano un po’ i tempi di produzione. Si tenga presente che l’ing. Treichler aveva appena fatto chiudere le Smalterie di Bassano

Allora in produzione erano famosi i tecnici addetti ai «tempi e metodi» sempre con il cronometro in mano.

Nel ‘72 comincia una fase di crisi per l’azienda, entro in un consiglio di fabbrica scettico, in rappresentanza di idee moderate e più aderenti alla situazione reale, mancano commesse ….. ma il sindacato si impunta ideologicamente su cose meno importanti.

Scontri ripetuti tra l’azienda che lamenta perdite finanziarie più volte ripianate dalla proprietà e il consiglio di fabbrica . E un dialogo tra sordi.

Come già detto si susseguono incontri vengono chiesti e rifiutati diminuzioni di personale.

Si giunge così al nodo del trasferimento dell’azienda, altre rimostranze del sindacato e incontri in comune allora retto dal sindaco Bentsik, ma portati avanti dall’assessore Merlin con cui ebbi uno scontro quando, alla mia richiesta che l’azienda ci fornisse un piano, lui volle darmi il suo, ma rifiutai sdegnosamente dicendo che non lui, ma l’azienda ce lo doveva dare.

Nel 1976 ci trasferiamo a Sevazzano. Prosegue la crisi aziendale e i deficit conseguenti vengono ripianati dalla proprietà. Proseguono gli scioperi, diminuisce il personale. Si parla di un ridimensionamento a 450 persone. Le banche cominciano a ridurre il credito. Si parla di vendita dell’azienda.

L’estensione della fabbrica che verrà dismessa con la dislocazione dei vari reparti

Era un’are molto appetibile

In effetti si trattò di una grossa speculazione edilizia. Segnata in rosso l’area

Non fu mai noto il valore di vendita dell’area (stimato tra i 3 e i 5 miliardi) e dei benefici che ha avuto la società nella sua trasformazione, lo dimostra quello che in seguito fu costruito.

Oggi di quella fabbrica non c’è più traccia

VII – LA FINE

Fu una bomba scoppiata all’improvviso, anche se nell’aria già da qualche tempo spiravano venti di crisi con la richiesta di diminuzione del personale.

Di fronte alla bacheca facce incredule e smarrite. Il futuro si prospettava incerto e oscuro per molte famiglie. Nessuno sapeva cosa fare.

Lo stesso consiglio di fabbrica, di cui ancora facevo parte, era stato colto alla sprovvista. Archivi e registri dell’azienda erano scomparsi assieme ai dirigenti, non c’erano interlocutori.

Venne informata la stampa e per Padova fu come un terremoto.

Il 4 maggio manifestazione in Piazza Garibaldi

Venerdì 5 maggio 1978

Assemblea dei lavoratori ….. grande preoccupazione, si decide l’occupazione. Occupazione attiva, una cosa che in Italia era quasi una novità, una lotta alla rovescia. Quindi un'occupazione, lavorando

Inizia così un complicato iter lavorativo.

Amministratori pubblici DC come gli assessori provinciale Masiero e l’assessore del comune Bonfiglioli o di partito come Gallinaro del PCI danno una mano ai dipendenti in occupazione fornendo un commercialista e, soprattutto, le forniture di energia elettrica, gas e telefono indispensabili al proseguo delle attività.

Circa 250 dipendenti, compresi tecnici e quadri, a turno, vengono impiegati in produzione e negli uffici amministrativi.

Si riprendono i rapporti con i clienti più importanti che dipendevano per molti prodotti a loro indispensabili esclusivamente dalla Zedapa.

Non avendo possibilità di acquistare la materia prima venne deciso di utilizzare quella fortunatamente ancora a magazzino perpetrando praticamente un furto a danno della società in liquidazione che ufficialmente ne deteneva la proprietà.

Fu un faticoso barcamenarsi ma credo che non ci furono denunce.

Per fortuna i clienti furono di grande (interessato) aiuto. Fornirono, quando necessario, materie prime, ritirarono i prodotti e , sopratutto in qualche modo pagarono i prodotti forniti.

I soldi così recuperati furono divisi tra quelli che avevano lavorato e permisero agli occupanti un minimo di sostegno (quello che io ebbi fu circa un quarto del mio normale stipendio).

Molte e partecipate furono le dimostrazioni per chiedere sostegno per la soluzione alle istituzioni comunali e provinciali.

Alla fine si chiuse la contesa ….

Misurato ottimismo dopo una significativa assemblea. Si va verso la costituzione di una società di gestione provvisoria

Intervista del Gazzettino al consiglio di fabbrica (io sono il primo a sin.)

Verso fine anno 1978 (20/09/1978), dopo 5 mesi di occupazione, si arriva a un accordo tramite l’associazione industriali e le forze sociali, e l’attività riprende prima con il nome Cooptronic (Società cooperativa a responsabilità limitata Cooptronic) poi con il nome Zetronic s.p.a. con capitali messi in parte dagli industriali (100 mil. di lire) e, soprattutto per gran parte, con le liquidazioni dei lavoratori ( 800 mil. di lire) .

Ecco come viene annunciato dal Gazzettino (di cui si fa un breve riassunto)

Dal Gazzettino del 09/09/1978 Morta la Zedapa nata la Zetronic

In una conferenza stampa dell’assessore provinciale Masiero, con la partecipazione di Gallinaro per il PCI, della sig.ra Campa per il PSI e di Pellegrino (dipendente Zedapa) per la DC è stato ufficialmente annunciato che è nata la “Zetronic” una nuova socità che con gradualità, ma con precisi impegni curerà la ripresa dell’azienda, garantendo il lavoro a tutti i 750 dipendenti.

Viene nominato un collegio sindacale di cui faranno parte i dr. Lino Bettella, Domenico Crivellari e Paolo Renard proposti dai partiti, e dovranno trovare l’imprenditore che potrà assumere la responsabilità di ristrutturare l’intero settore delle minuterie metalliche.

Presidente della nuova società sarà il commercialista Vittorio Pugno Vanoni

CRONOLOGIA DELL’OCCUPAZIONE (dai giornali d’epoca)

1978 05 04 La Zedapa chiude i battenti 750 persone senza lavoro

1978 05 04 La Zedapa chiude i battenti 750 persone senza lavoro – manifestazione in Piazza Garibaldi

1978 05 05 I lavoratori della Zedapa in assemblea dicono che non può essere buttata via

1978 05 06 Il sindaco Merlin in consiglio comunale dice che neanche il comune ne l’ass. industriali.Furono informati della chiusura

1978 05 07 Imprenditori: perché la Zedapa ha chiuso, impossibilità di reperire nuovi mezzi finanziari. Il giorno precedente assemblea al comune di Selvazzano

1978 05 09 Metalmeccanici in sciopero per la Zedapa, proclamato lo sciopero provinciale di 4 ore. Per l’11 maggio dei metalmeccanici

1978 05 07 Corteo Zedapa e Utita in Piazza dei Signori

1978 05 23 Riunione a vari livelli, partecipano i parlamentari DC Brocca Gottardo Fracanzani – PCI Villi Pegoraro Palopoli – PSI Cresce – assess. Prov. Masiero – e il consiglio di fabbrica

1978 06 03 Al ministero la vertenza Zedapa – illustrata alsottosegretario Piccinelli la situazione

1978 06 06 Sollecito del consiglio di fabbrica alle istituzioni per ottenere finanziamenti

1978 06 10 Zedapa con l’acqua alla gola – Per sollecitare soluzioni viene occupato dai lavoratori il comune di Padova

1978 06 16 I lavoratori pensano ad un’autoconvocazione a Roma – si sollecita l’ass. provinciale Giorgio Masiero a chiedere l’incontro

1978 06 17 Accolto dalla FLM il piano della provincia (Masiero) che prevede 600 lavoratori

1978 06 09 Non vi abbiamo dimenticati - Il vescovo Bordignon celebra una S. Messa sala mensa della fabbrica con i lavoratori

1978 06 22 Martedì 27 convocazione a Roma al ministero dell’industria, Masiero sonda disponibilità di banche e imprenditori

1978 06 24 In consiglio regionale con l’assessore al lavoro Luciano Righi

1978 06 30 Pressione sugli industriali, Manifestazione in via Anghinoni di fronte alla sede e ricevuti dal dr, Fabris presidente degli industriali

1978 07 06 Stringere i tempi per il piano tecnico – incontro in Provincia e occupazione dell’aula consigliare del comune

1978 07 08 Esaminata in consiglio comunale la situazione il sindaco Merlin assicura un suo intervento presso la presidenza della zona industriale

1978 07 12 Buone prospettive dopo l’incontro in regione – intervenuti i clienti Zanussi, Indesit, Texas, Sabien, Transider, Bassani, Superga, Bellami, Eatom, Superpila, Sole, VTM e Nehom che hanno assicurato di continuare a servirsi dell’azienda occupata

1978 07 14 Cercasi imprenditore (ma forse c’è già) si pensa a una società di gestione

1978 07 19 Zedapa sempre in primo piano – Fornitori e clienti non prenderanno iniziative fino al 15/9

1978 07 22 Piano minuterie pronto – ok di banche e imprenditori – manifestazione di 300 lavoratori con 4 pullman a Venezia

1978 07 29 Forse per la Zedapa una svolta ecisiva – i ministro dell’inustria Donat Cattin riceverà l’industriale Pugno Vanoni (cognato di Fiocchi di Lecco) interessato a rilevare l’azienda. Per il concordato e la cessione dei beni della vecchia società provvederà la SOI ( società di consulenza manageriale). Nel caso che Pugno Vanoni si ritirasse ci sarebbe l’industriale Fontana.

1978 08 02 Zedapa: cosa si aspetta ? – i lavoratori lamentano che banche, imprenditori e liquidatori pongono sempre nuove condizioni e la trattativa a Roma non si sblocca.

1978 08 04 Zedapa: si torna in alto mare. Offrono soltanto consulenza gli industriali interpellati da Donat Cattin. Prospettata però una valida ipotesi per concretizzare la quale è necessario di trovare il modo. Proposto alla SOI un capitale di 200.000.000 per la gestione del primo anno, ma le banche rifiutano, troppo poco. Come ipotesi si pensa di recuperare i 2.000.000.000 di lire incassati dai lavoratori con la vendita deil’autogestione, a fronte di prelievi di materiale dal magazzino di 500.000.000 di lire, ma i committenti non possono pagare al consiglio di fabbrica che non ha vesti giuridiche per gestire 1.400.000

1978 08 12 Il clima vacanziero blocca la soluzione per la Zedapa. Le parti non riescono ad incontrarsi, e la Zedapa chiude alcuni giorni per un accurato inventario del magazzino da fare entro il 28/8 con trenta lavoratori

1978 08 17 Zedapa: occorre 1.000.000.000 per la fase transitoria. I clienti si dichiarano fiduciosi nella possibilità di ripresa dell’azienda, bisogna stringere i tempi.- Valutazioni a Palazzo Balbi a Venezia con assessori regionali. Provinciali , comunali e consiglio di fabbrica

1978 09 02 Gli operai salveranno la Zedapa. Misurato ottimismo dopo una assemblea dei lavoratori in cui si è esaminata la possibilità della costituzione di una società di gestione provvisoria con il contributo diretto dei lavoratori

1978 09 09 Morta la Zedapa, nasce la Zetronic. La nuova società garantisce il posto a tutti i lavoratori. - in una conferenza stampa l’assessore Masiero spiega che la nuova societò nasce con un capitale di 100.000.000 messi da banche e industriali padovani e il valore aggiunto della gestione in occupazione (comprensive degli 800 milioni delle liquidazioni dei dipendenti. Presidente è Pugno Vanoni.

Entro subito tra i primi 40 assunti dalla società provvisoria e, dopo mesi ricevo il primo vero stipendio.

A febbraio 1979 lascio la Zetronic per una nuova occupazione.

Riuscirò ad avere la mia liquidazione (quasi senza rivalutazione) dopo più di 5 anni di inflazione che arrivò anche al 21%

Malgrado tutti gli sforzi la vita della Zetronic procedette tra mille difficoltà senza mai trovare un equilibrio economico e perdendo personale sia per dimissioni che per mobilità. Alla fine fu necessario affidarsi ad un nuovo soggetto che fosse in grado di continuare la vita della società. Nel 1986 la multinazionale Molex entra progressivamente nel capitale sociale fino ad assumerne il controllo totale

Qui finisce la storia gloriosa e travagliata della Zedapa, o se vogliamo dei “Bottoni”una grande azienda che ha contribuito alla crescita industriale padovana, e non solo, del ‘900 con il suo profetico motto:

«concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur»

Guido Caburlotto gennaio 2022

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